L’atmosfera è quella natalizia, la voglia di scrivere c’è.
In fondo scrivere è terapeutico, mette fuori qualcosa che prima era intrinseco e dà forma a quello che prima era nebuloso. Metti in parola e così ti chiarisci. In parte. Le parole mantengono una forza evocativa che resta implicita.
Banale ma autentico fare bilanci.
Che cosa mi lascio alle spalle? Più di tutto la fretta, poi l’accento su quel che manca. Beh… anche il controllo. Mi torna in mente la saggezza di un amico napoletano, di fronte agli impedimenti: “Si vede che non doveva essere, tutto qua”.
Verso che cosa vorrei andare? Verso la quiete e la connessione. Verso un tempo senza tempo, senza scadenze. Verso uno spazio grande, che comprenda tutto l’orizzonte. Allargare lo sguardo fa così bene, aiuta a sentirsi parte.
“Il più bello dei mari è quello che non navigammo”, scrive Nazim Hikmet, rendendo bene l’idea dell’umana ricerca, che non si placa, di qualcosa di meglio, del bello, della felicità.
Ma qui e ora, in questo momento di questo anno, mi par di sentire che questo mare in cui navigo, per quanto spesso sferzato da venti gelidi e paurosi, sia il migliore dei mari possibili per me, adesso.
Del resto, i venti si placano sempre e comunque sono necessari per procedere e per rivelare.
A tutti buon vento!